Tracciare un profilo delle vicende della nuova Chiesa tralasciando la storia plurisecolare della Comunità di San Giacomo di Torre, vorrebbe dire dimenticare le origini.
Ecco dunque, per stralci, un breve profilo tratto anche dal volume S. Giacomo di Torre.
Il primo documento ufficiale su S. Giacomo e sulla sua Chiesa risulta un atto del 1395 con il quale viene affittato un campo su cui giace la chiesa di S.Giacomo di Torre. Quanto al toponimo Torre, all'Archivio di Stato di Venezia c'è un documento nel quale si legge: "Francesco quondam Alberto abate in Bassano concede in livello a Borsanello di Torre quondam Giovanni un pezzo di terra aratoria". Tale documento è datato 16 maggio 1361. Il che presuppone che anche prima di tale data Torre corrispondesse ad una borgata bene organizzata e di un certo rilievo. Abbiamo comunque una conferma: sin prima del 1370 la chiesa di San Giacomo era dedicata alla Madonna dei Boschi. Sono chiarificatrici, a tale proposito, alcune notizie tratte dalla cronistoria della Visita Pastorale compiuta dal Vescovo di Padova Mons. G. Callegari nel 1888. Trattando della Chiesa arcipretale di Romano, dedicata alla Purificazione di Maria Vergine, si afferma che non ci sono documenti storici che valgano a precisare l'epoca della primitiva erezione a chiesa parrocchiale di Romano d'Ezzelino; "però la tradizione ci fa ritenere che, circa l'anno 1200, servisse da chiesa parrocchiale un Oratorio di San Giacomo che in allora avea per titolare la Madonna dei Boschi e che in seguito, cioè dopo il 1260, distrutto il castello e smantellate le mura dai Padovani e Trevigiani, sopra le rovine di detto castello si edificò l'attuale chiesa parrocchiale. L'Oratorio di San Giacomo infatti non potéa essere capace della crescente popolazione per cui, abitando la maggior parte dei popolani alle falde dei monti pella comodità delle acque, si pensò di edificare una nuova chiesa parrocchiale e precisamente nelle rovine ezzeliniane".
La Chiesa campestre di San Giacomo, per l'importanza che potrebbe avere avuto in epoche assai remote, ha goduto da buon principio di sacerdoti in cura d'anime. Se ne trovano parecchie tracce. Talora avveniva che se ne incaricassero sacerdoti di parrocchie contermini. Ma in gran parte si trattò di sacerdoti ritiratisi dal loro incarico ufficiale per età o per altre cause.
Per un certo periodo la Chiesa di S.Giacomo fu ritenuta dipendente da Bassano. Molto probabilmente fu dovuto agli instabili confini tra la diocesi di Padova e quella di Vicenza, oppure a quelli della stessa Bassano. E' comunque notorio che tra due territori di diocesi diverse correva un tempo una striscia di terra lungo la quale i rispettivi Vescovi potevano transitare senza dover pagare il pedaggio. Basta osservare la discontinua delimitazione della diocesi di Padova, per capirne l'importanza. Quindi proprio per San Giacomo, per dove ancora oggi penetra il territorio ecclesiastico padovano, stretto tra le diocesi di Vicenza e di Treviso, per poi estendersi ad est fino al Piave e ad ovest fin oltre l'Altopiano di Asiago, potrebbe essere passata da sempre una di queste linee, allora di nullius diocesis come abbiamo trovato scritto. Al momento poi di eliminare questi divisori San Giacomo sarebbe passato al Vescovo di Padova proprio perché non venisse tagliata fuori dalla diocesi patavina tutta la vasta zona a nord.
Ricordato questo particolare, notiamo che il primo atto di matrimonio di cui si trova documentazione agli atti dell'archivio parrocchiale di Romano risale all'8 febbraio 1706. Venne celebrato dal Campagnaro, novello pievano di Romano, che annotò: "per gratia speciale nella chiesa campestre di San Giacomo soggetta a questa cura".
Sempre all'inizio del 1700 risulta poi che don Giovanni Pasinato officiasse sia a San Giacomo che a Fellette. Era allora economo a Romano. Poco più tardi però troviamo che San Giacomo aveva un proprio sacerdote, anche se dipendente dal pievano di Romano. Primo sacerdote di San Giacomo di cui si abbia notizia documentata è comunque don Sebastiano Bortignon. Siamo nel 1730. Vi rimase fino al 1781.
Ecco l'elenco dei sacerdoti che risulta abbiano prestato servizio a San Giacomo. Rimangono dei vuoti che le carte d'archivio non ci hanno consentito di colmare.
Fu il primo Curato di San Giacomo. Giuntovi nel 1911, ebbe la nomina nel 1912 ed otteneva per il nostro piccolo centro il titolo di Curazia nel 1913. Poco abbiamo trovato di lui negli archivi e nessuna foto neppure in Curia a Paodva. Fratello del più illustre Mons. Giobatta Cheso, che era amico personale del musicista Mons. Lorenzo Perosi, si deve a don Eugenio la costituzione della Schola Cantorum che curò personalmente. Nato a Sant'Eulalia l'8 agosto 1863, don Eugenio Cheso moriva il 29 dicembre 1920.
Secondo curato di San Giacomo, successe a don Eugenio nel 1921. Da quanto trovato nell'archivio parrocchia, con don Gaetano comincia la cronaca di San Giacomo, stesa di pugno nel Liber cronicus. A poco più di cinquant'anni si era ritirato a vita privata però aveva accettato l'incarico in questa Curazia dove rimase fino all'arrivo di don Silvio Costantin nel 1930. Dal Vescovo Elia Dalla Costa ottenne il decreto che definiva i confini della Curazia dopo una lunga contestazione con la parrocchia di Romano. Nato a Borso il 10 marzo 1868, lasciato S. Giacomo vi ritornò.
Terzo Curato di San Giacomo, ma ben presto primo Parroco. Giuntovi nel 1939, ottenne l'importante riconoscimento di Curazia autonoma già nel 1931, data anche del primo progetto della nuova chiesa. Nel 1944 arrivava l'annuncio della erezione a Parrocchia, nel 1945 l'investitura e nel 1946 il solenne ingresso in paese di don Silvio come primo Parroco. Lo stesso anno, in occasione della Terza Visita Pastorale del Vescovo Agostini, veniva posta la prima pietra della nuova Chiesa, poi benedetta nel 1949 e consacrata nel 1967. Nato a Megliadino S. Vitale l'11 dicembre 1883, moriva a S. Giacomo il 31 dicembre 1954.
Venuto a San Giacomo per aiutare l'anziano don Silvio, don Carlo Miatton divenne Adiutore nel 1952. Alla morte di don Silvio, fu Parroco nel 1955 e dovette mettere mano ai lavori della Chiesa nuova che venne consacrata nel 1967. Avviò la Scuola Materna nella vecchia chiesa, ottenne l'arrivo delle Suore della Divina Volontà. Cominciò, nel 1973, prima di partire per altra destinazione, all'adeguamento del presbiterio, secondo le nuove norme liturgiche, togliendo le balaustre. Lasciava San Giacomo il 30 dicembre del 1973.
Giunse Parroco a San Giacomo il 26 gennaio 1974. Il paese contava 2300 abitanti. Nasce ad Asolo il 17 marzo del 1933, entra in seminario minore a Thiene e poi successivamente frequenta il liceo e la teologia a Padova. Viene ordinato sacerdote l'8 luglio 1956. Presta il suo servizio prima come vicario parrocchiale a Masi (PD) e Candiana (PD) e nel 1968 viene nominato Pievano di Sant'Eulalia, incarico che manterrà fino al gennaio del 1974, quando viene nominato parroco di San Giacomo di Romano d'Ezzelino (VI).
Suo primo impegno, date le esigenze della gente, fu la costruzione della Scuola Materna i cui lavori, iniziati nel dicembre dello stesso anno, giunsero alla copertura in soli sei mesi; venne inaugurata il 2 ottobre 1978. Riprese poi i lavori di rifinitura della nuova chiesa, con la decorazione dell'abside e degli altari laterali, la sostituzione dei serramenti, l'installazione dei nuovi impianti di riscaldamento ed elettrico, e poi condusse in porto la non facile fase di adeguamento del presbiterio, conclusasi proprio in vista del 50esimo della Chiesa, con l'installazione dell'organo, il nuovo altare e le altre strutture di completamento.
Rimarrà in quest'ultima parrocchia per 37 anni. In settembre del 2011 si dimette e ritorna a Sant'Eulalia con Don Manuel Fabris, suo cappellano.
Don Delfino Frigo è nato il 28 ottobra 1959 a Ca' Rainati di S. Zenone degli Ezzelini. Dopo aver ricoperto la carica di Vicario parrocchiale al Sacro Cuore di Gesù, viene trasferito con le medesime mansioni presso S. Giacomo di Romano D'Ezzelino. A San Giacomo avvierà importanti progetti giovanili e solidali.
Il 22 febbraio del 2015 don Delfino è mancato all'affetto dei suoi parrocchiani e tutti lo ricordiamo come una guida competente ed empatica.
San Giacomo viene elevato a Curazia nel 1913 e diventa Parrocchia nel 1944. Nel 1913 contava circa 700 anime che erano diventate 769 nel 1925, contro le 2043 di Romano e le 1550 di Fellette che comprendeva anche la località Cuor di Gesù, ora Sacro Cuore. Delle quattro frazioni, a partire dal secondo dopoguerra, San Giacomo è stato il centro che ha subito il maggiore sviluppo, assurgendo certamente ad emblema della radicale trasformazione che ha investito tutto il territorio in pochi decenni. Bastano alcuni dati per dimostrarlo.
Alla data 31 dicembre 1979 San Giacomo contava già 3250 abitanti suddivisi in 944 famiglie; Romano ne contava 2865 con 863 famiglie; Fellette 2782 con 764 famiglie, Sacro Cuore, che nel frattempo era diventato parrocchia, 690 con 179 famiglie.
L'intero Comune sommava 9577 abitanti, contro i 4362 del 1925, i 5010 del 1951, i 5430 del 1961, i 7221 del 1971, i 9791 del 1980. Il 30.9.1986 il Comune contava una popolazione di 11027 unità, così suddivisa: Romano 3144, San Giacomo 4142, Fellette 3015, Sacro Cuore 716. Infine, il 31.12.1995, la popolazione del Comune era di 13.075 abitanti, così suddivisa: Romano 3.930, San Giacomo 4.716, Fellette 3.559, Sacro Cuore 870. Gran parte di tutto questo movimento ha continuato ad interessare soprattutto la campagna di San Giacomo che è stata urbanizzata specialmente nell'area periferica di Bassano verso S.Giacomo.
Nelle osservazioni, seguite alla Visita Pastorale a San Giacomo, nel 1927, del Vescovo Elia Dalla Costa, troviamo scritto che "la Curazia ha le abitazioni quasi tutte raccolte attorno alla chiesa, che è in buone condizioni materiali ed ampia a sufficienza".
Nel 1930 però arrivava a San Giacomo don Silvio Costantin, il quale si rese subito conto che la chiesa era insufficiente per un paese che cresceva.
Fu così che già nel 1931, dopo avere ottenuto che la Curazia diventasse autonoma, inoltrava istanza ad Umberto di Savoia per avere un sussidio per la costruzione della nuova chiesa e quindi subito commissionava all'ing. Giovanni Testa di Padova il primo progetto del nuovo tempio "dietro consiglio, così lascia scritto, di S.E. il Vescovo di Padova Mons. Elia Dalla Costa". Quando poi il 6 maggio del 1933 viene il Vescovo Carlo Agostini per la sua prima Visita Pastorale, così scrive nelle osservazioni: "la chiesa è vetusta e piccola, sarebbe necessaria una chiesa nuova; vediamo quindi con soddisfazione che sia acquistato il terreno che dovrebbe servire allo scopo e incoraggiamo l'attuazione della nuova costruzione".
Nel diario di don Silvio, alla data 1935, così leggiamo: "per bisogno di fabbricare adiacenze canonica e più per erigere nuova chiesa, si acquistò quasi un campo di terreno (mq.3430 nel 1934), attiguo alla chiesa e alla canonica, dai signori Conti Piovene di Vicenza". Da questo momento lo sforzo del parroco e dei parrocchiani è tutto rivolto ad accantonare il necessario per affrontare le grosse spese necessarie per il nuovo edificio. E tutto dipendeva esclusivamente dall'andamento delle annate agrarie.
Tra le osservazioni del Vescovo Agostini, in Visita Pastorale nel 1939, c'è anche scritto che "quantunque al presente, per mancanza di mezzi, non sia possibile realizzare il progetto di una nuova chiesa, esortiamo a continuare a coltivare l'idea, essendone il bisogno sempre di attualità". E don Silvio aggiunge: "sarebbe necessaria una nuova chiesa, si ha già il progetto e si raccolgono danari per ora troppo pochi per iniziare lavori ma si spera fra alcuni anni".
"In quest'anno, lascia poi scritto don Silvio, il popolo concorde decide l'edificazione di una nuova chiesa essendo la vecchia affatto insufficiente, raccoglie offerte straordinarie e propone il posto sulla proprietà Fabris Giacomina".
Nel febbraio del 1944 giunge comunicazione dalla Curia che la Curazia sarà trasformata in Parrocchia su istanza della stessa popolazione. Il decreto porta la data del 7 novembre 1944. In data 18 dicembre 1945 il Curato diventa primo Parroco di San Giacomo, ed il 20 ottobre 1946, quindi con una immediatezza che testimonia la decisa volontà di don Silvio, in occasione della terza Visita Pastorale del Vescovo Agostini, viene posta e benedetta la prima pietra della nuova chiesa. Dal diario parrocchiale risulta che gli abitanti sono 822, le famiglie 104.
Ancora nel Liber Cronicus leggiamo, alla data 1947: "la popolazione di San Giacomo, degna del più sublime encomio, si prodiga unita al suo sacerdote con preghiere, elemosine e lavoro per la costruzione della chiesa che più che alzarsi sempre più, vola sù". Nel 1948, come vediamo dai documenti fotografici, i muri sono alti ed il presbiterio è già coperto dal tetto.
Prosegue don Silvio nel 1949: "il Comitato pro Chiesa nuova, data la grave crisi economica, si raduna per vedere se convenga continuare e ultimare i lavori della chiesa o sospendere. E dopo lunga e seria discussione prevale l'audace proposito di portarla al coperto e fu una ispirazione provvidenziale, altrimenti non si sa per quanto sarebbe rimasta sospesa; causa una rovinosa siccità sopravvenuta nella seconda metà dell'anno 1949. Tosto abili persone fanno le arcate, con unanime e volontaria assistenza si accelerano i lavori e con ammirazione di tutti, del paese e fuori, la chiesa è già coperta e il 26 giugno 1949 solennemente benedetta da Mons. Vicario Generale don Giuseppe Pretto giacché Mons. Vescovo Agostini era stato eletto Patriarca di Venezia [...]. La spesa fino a questo momento si aggira sui sei milioni in parte pagati e in parte da pagare...". Nel 1950 il paese si interroga ancora e decide di pagare tutti i debiti prima di proseguire con altri lavori.
Le difficoltà economiche da quel momento devono essere state veramente pesanti per don Silvio che nel 1952 si rivolgeva ad un monsignore in Vaticano con una certa angoscia: "il paese è piccolo di 900 anime, buono sì ma povero, agricolo e operaio, disoccupato. Con uno sforzo sovrumano la nuova chiesa poté sorgere, ma non vi sono che i muri, ... i poveri paesani sono dissanguati, annoiati e stanchi, i debiti forti, a milioni, i creditori protestano [...]" forse anche questo stato di cose ha indebolito la già precaria salute di don Silvio Costantin che moriva il 31 dicembre del 1954 lasciando il grave fardello a don Carlo Miatton che dal 26 marzo 1952 era diventato suo Adiutore, quindi il 7 gennaio 1955 Vicario Economo ed il 30 maggio 1955 secondo Parroco di San Giacomo.
La Parrocchia, alla morte di don Silvio, contava 958 abitanti, 123 famiglie. Nel 1953, erano intanto stati realizzati i lavori di soffittatura del coro e del presbiterio con intonaco e tinteggiatura; il soffitto con intonaco e tinteggiatura della sacrestia; la posa in opera del nuovo altare maggiore sul quale venne celebrata la prima messa l'8 dicembre 1954. Così poté ospitare, all'inizio del 1955, la funzione liturgica dei funerali di don Silvio.
L'8 novembre del 1955 ci fu la Prima Visita Pastorale del nuovo Vescovo Mons. Girolamo Bortignon. Per l'occasione, così scrive don Carlo Miatton sul Questionario: "l'edificio della nuova chiesa è quasi ultimato". Successivamente, da alcune sue annotazioni, risulta che nel 1956 venne dato l'intonaco esterno a tutta la chiesa, alle cappelle di San Antonio e della Madonna; nel 1958 realizzato l'affresco nella lunetta sopra il portale principale, attivato l'impianto luce a neon in tutta la chiesa, dato l'intonaco e tinteggiata la navata, così per i confessionali degli uomini con la posa del pavimento in legno, rivestite in legno le pareti dei confessionali degli uomini, acquistata la nuova Via Crucis e i 14 portalampade in ferro battuto. Nel 1963 viene elettrificato il suono della campane.
Passo dopo passo, si arriva così alla data della consacrazione della nuova chiesa, il 14 ottobre 1967, da parte del Vescovo Mons. Girolamo Bortignon.
Nel 1973 ci fu la terza Visita Pastorale del Vescovo Bortignon e la destinazione di don Carlo alla Parrocchia di Sant'Anna Morosina. Veniva designato don Paolo dalla Rosa come nuovo Parroco di San Giacomo.
All'epoca gli abitanti di San Giacomo erano 2250, le famiglie 570. Don Carlo partiva da San Giacomo il 5 gennaio del 1974 e don Paolo prendeva possesso della Parrocchia il 26 dello stesso mese. I conti della Chiesa erano ancora in rosso, ma don Paolo affronterà subito il problema della costruzione della Scuola Materna che arriverà al tetto in soli sei mesi e verrà inaugurata dal Vescovo Bortignon l'11 febbraio 1979; si è proseguito poi con l'abitazione delle Suore e con il Centro parrocchiale, inaugurato dal Vescovo Filippo Franceschi l'11 novembre 1984.
Finiti dal predecessore i lavori più pesanti relativi alla nuova Chiesa e alla sua dotazione, a don Paolo era rimasto ora il compito di provvedere via via al decoro della stessa ed all'applicazione dei dettami del Concilio Vaticano Secondo per quanto atteneva all'adeguamento del presbiterio. E non tutti gli interventi si rivelarono per la verità leggeri. Nel 1981 Luigi Zonta eseguiva la decorazione dell'abside, e nel 1986 dei due altari laterali e del battistero.
È opportuno ricordare che, dopo il Concilio, il Parroco don Carlo Miatton aveva già iniziato il lavoro di ristrutturazione del presbiterio secondo le nuove norme liturgiche: nel 1973 aveva già fatto togliere le balaustre che ormai non servivano più. Si sarebbe dovuto proseguire nel 1974, ma si sono ritenuti più urgenti i lavori della Scuola Materna con il Centro Parrocchiale. I lavori per la Chiesa sono poi ripresi in occasione del 40° (anni 1986 e seguenti), con la sostituzione delle porte, le nuove vetrate, il nuovo impianto di riscaldamento.
La popolazione proseguì con generosità a far fronte ai vari impegni economici e intanto veniva preparato il progetto del nuovo organo con la sistemazione di tutti il presbiterio. Questi lavori si realizzano tra il 1994 ed il 1995, per il 50°.
Novembre\dicembre 1994: sistemazione dell'area del presbiterio e costruzione del nuovo organo a canne a ridosso del catino dell'abside.
Gennaio\Febbraio 1995: levigatura del pavimento del presbiterio, collocazione del nuovo altare, dell'ambone, della stele del tabernacolo e della sede del celebrante.
21 marzo 1995: inaugurazione del nuovo presbiterio e del nuovo organo da parte del Vescovo di Padova Mons. Antonio Mattiazzo con i Sacerdoti del Vicariato.
16 aprile 1995: Benedizione del nuovo organo che in quel giorno iniziava ad accompagnare il Coro Parrocchiale.
11 giugno 1995: inaugurazione del nuovo altare di S. Antonio, costruito con il materiale del vecchio altare maggiore. Il precedente altare in onore di S.Antonio è stato sistemato nella nuova Cappella del Cimitero, inaugurata il 2 novembre 1995.
Durante il mese di settembre del 1995 vengono rinnovati l'impianto microfonico e gli altoparlanti. In ottobre si provvede a rinnovare l'impianto di illuminazione ed il 21 c'è il concerto di inaugurazione del nuovo organo. In novembre, sempre del 1995, vengono posti i nuovi schienali, sedili e tavoli alle pareti del Presbiterio ed il 9 dicembre c'è il secondo concerto d'organo, strumentale e vocale.
Il 31 maggio dell'anno 1996, la Commissione dei Vescovi Italiani per la Liturgia ha pubblicato un documento per ribadire che l'adeguamento liturgico delle Chiese è parte integrante della riforma liturgica voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965); perciò la sua attuazione è doverosa come segno di fedeltà al Concilio stesso.
In questo ultimo documento si riassumono le parti principali dei precedenti documenti, dal 1963 in poi si tiene conto delle note nei libri liturgici pubblicati in lingua italiana dopo il Concilio, del Pontificale Romano, del Codice di Diritto Canonico, ecc.
Il progetto e l'attuazione dell'adeguamento del presbiterio nella nostra Chiesa hanno tenuto conto di questi documenti, in particolare per i tre luoghi eminenti del presbiterio stesso: l'altare, l'ambone e la sede del presidente dell'assemblea liturgica; a questi si è aggiunta la stele con il tabernacolo, il nuovo organo a canne, i sedili con gli schienali, i nuovi impianti di illuminazione, dei microfoni e altoparlanti: è stato preparato veramente un vestito da festa per le nozze d'oro della nostra Chiesa, anche a completamento dei lavori eseguiti negli anni 1986/87 per il 40°. Tutte le opere sono firmate da Padre Pierangelo Pagani, francescano, da Cividino (BS).
Nell'adeguamento del nostro presbiterio alle prescrizioni liturgiche della Chiesa ci sono parecchi significati e simbolismi da ricordare e meditare anche per partecipare meglio alle celebrazioni.
I documenti del Concilio fanno presente che "l'Altare è il centro dell'azione sacra, perché in esso si fa presente, nei segni sacramentali, il sacrificio della Croce ed è anche la Mensa del Signore [...] il centro verso il quale converga l'attenzione di tutta l'assemblea [...] l'altare-mensa per la celebrazione sia fisso, unico e rivolto al popolo [...] gli altari provvisori dovrebbero, poco a poco, scomparire per lasciar posto ad una conveniente sistemazione stabile [...] è evidente che l'altare non dev'essere più monumentale ma costruito in modo che il celebrante possa girarvi intorno senza difficoltà [...] in ogni presbiterio ci dev'essere un solo altare [...] la mensa dell'altare fisso dev'essere di pietra e precisamente di pietra naturale [...] l'unico altare della celebrazione è segno dell'unico nostro Salvatore Cristo Gesù".
Come prescritto, il nostro nuovo altare non è più provvisorio, è unico e fisso, è di marmo, preparato in un laboratorio di Carrara ed è il centro dell'azione sacra in presbiterio.
Il nuovo altare, nella parte rivolta al popolo, raffigura la cosidetta croce fiorita, simbolo di Cristo morto e risorto che si fa presente nella celebrazione eucaristica. La mensa è semicircolare per indicare accoglienza (il Signore che è con noi per accoglierci).
Il basamento dell'altare raffigura anche le vie tortuose e difficili della nostra vita e nella mensa eucaristica possiamo trovare l'accoglienza del Signore che dona serenità e forza per riprendere sempre il cammino della vita.
Le rinnovate norme liturgiche dicono che "l'importanza della Parola di Dio esige che vi sia, nel presbiterio, un luogo adatto dal quale essa venga annunciata e verso il quale, durante la liturgia della Parola nella Messa, spontaneamente si rivolga l'attenzione dei fedeli conviene che tale luogo sia un ambone fisso e non un semplice leggìo mobile [...] l'ambone deve essere una nobile, stabile ed elevata tribuna [...] va collocato in prossimità dell'Assemblea in modo da costituire una sorta di cerniera tra il presbiterio e la navata".
Il nostro nuovo ambone non è più un leggìo mobile, è fisso, in marmo di Carrara, è un luogo dignitoso per la proclamazione della Parola di Dio. Il leggìo è in bronzo argentato e raffigura due pagine di un libro; così pure tutto l'ambone, per chi guarda davanti, si presenta come due grandi pagine di un libro; nel marmo ci sono diversi segni che rappresentano le strade della nostra vita soprattutto spirituale: spesso sono non diritte e non uniformi nel bene, ma in alto, a sinistra di chi guarda, ci sono i raggi di una luce. Il tutto vorrebbe mettere in evidenza questa frase:
Lampada ai miei passi è la Tua Parola, o Signore,
Salmo 119(118): elogio della legge divina
luce sul mio cammino.
Dicono i documenti e le norme della rinnovata liturgia (dal 1964): "la sede per il Celebrante e per i ministri sia disposta i modo che risulti ben visibile ai fedeli ed il Celebrante, in particolare, appaia veramente il Presidente dell'Assemblea dei fedeli [...] la sua collocazione deve esprimere il compito del Celebrante che è quello di presiedere e di guidare la preghiera liturgica".
La nostra nuova sede presidenziale è ora ben visibile, è fissa e di marmo di Carrara come le due sedi dei ministranti principali; nell'insieme la sede ha una forma non uniforme ma variata ad indicare non la staticità ma la vitalità di persone a servizio di tutta l'assemblea per un sempre migliore incontro con il Signore vivo e risorto che è il vero Presidente e protagonista di ogni celebrazione.
"Riguardo alla custodia della SS.ma Eucaristia è consigliata una Cappella fuori del presbiterio, anche per la preghiera e l'adorazione dei fedeli. Se questo non è possibile, si dice nei documenti conciliari, [...] la SS.ma Eucaristia sia custodita in un Tabernacolo posto in un luogo della Chiesa molto visibile e debitamente ornato [...] in modo che sia possibile avere immediatamente il segno e il senso della presenza del Signore in mezzo al suo popolo".
Il luogo della custodia dell'Eucaristia, nel rinnovato presbiterio, è ben visibile e in posizione centrale; si tratta di un unico grande elemento di marmo di Carrara; il Tabernacolo è rimasto quello di prima e nella stessa posizione che aveva nel precedente altare che da trent'anni non veniva più usato per le celebrazioni; il Tabernacolo è stato ora impreziosito da una cornice in bronzo argentato che riproduce, in piccolo, la forma a semicerchio del primo e dell'ultimo gradino della base - prima e dopo la sede - che terminano a punta, dietro la stele, per favorire il servizio del direttore del Coro e del suo leggìo.
Nella cornice del Tabernacolo, con un particolare simbolismo, il semicerchio è frastagliato perché non sempre noi accogliamo il Signore ed Egli stesso trova difficoltà ad accoglierci se siamo peccatori (ricordiamo il semicerchio come segno di accoglienza) ma se siamo pentiti siamo anche capaci di incontrare il Signore, andiamo verso l'alto (la punta) e troviamo il Cuore squarciato e misericordioso del Signore (tenere presente la spaccatura in alto della cornice del Tabernacolo e quella della stele o colonna nella sua sommità).
Il piedistallo del Tabernacolo ha tre grosse pietre rosse inserite nel marmo. Questa soluzione vuole ricordarci le parole di San Pietro alle prime Comunità cristiane ed anche a noi oggi
Anche voi, come pietre vive, formate il tempio dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio e offrite sacrifici spirituali che Dio accoglie volentieri, per mezzo di Gesù Cristo. [...] Egli è la pietra viva che gli uomini hanno gettato via ma che Dio ha scelto come pietra preziosa.
Dalla prima lettera di S. Pietro, capitolo 2
Ad ogni modo, da diversi anni la nostra Chiesa ha anche la Cappella per le celebrazioni nei giorni feriali del tempo invernale e per la preghiera e l'adorazione personale durante la giornata.
I sedili di legno, con i relativi schienali, sono stati inaugurati nell'anno anniversario dell'inizio dei lavori di ristrutturazione del presbiterio secondo le norme liturgiche suggerite dal Concilio ecumenico (1962-965). Sono in legno di rovere come il portale centrale e le porte laterali della chiesa (lavori eseguiti per il 40° della Chiesa, nel 1986). Danno tonalità di calore e si collegano con il legno dell'organo e quasi abbracciano tutto il presbiterio. Hanno diversi significati simbolici: anzitutto sono 7 a destra e 7 a sinistra (il 7, nella Bibbia, è un numero che indica perfezione). Dalla parte destra di chi guarda è raffigurata l'acqua come sorgente di vita, anche perché - in questo luogo - tra il presbiterio e la navata andrebbe il Battistero fisso.
Prima dei sedili, sempre a destra di chi guarda, c'è un pannello speciale con mensola per i libri liturgici; vengono raffigurate le parole del profeta Isaia:
Così dice il Signore:
Dal libro del profeta Isaia, capitolo 55
come la pioggia e la neve
scendono dal cielo e non vi ritornano
senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme al seminatore
e pane da mangiare,
così sarà della parola
uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata.
A sinistra di chi guarda, negli schienali è raffigurato il sole come sorgente di vita. Teniamo presente che il Signore è spesso chiamato sole di giustizia e che la domenica, fin dai primi tempi della Chiesa, è chiamata il giorno del sole. San Giustino dice: "nel giorno detto del sole ci raccogliamo in uno stesso luogo della città e della campagna [...] ci raduniamo tutti, nel giorno del sole (la domenica) perché è il primo giorno in cui Dio, cambiate tenebra e materia, plasmò il mondo e in cui Gesù Cristo, Salvatore nostro, risorse dai morti" (apologia, 67).
Nella mensola di sinistra c'è uno speciale leggìo per intronizzare il libro della Parola di Dio, da una settimana all'altra, per rispetto del libro sacro ma anche per dare la possibilità a tutti di rileggere quanto è stato proclamato e meditato nella domenica.
I documenti del Concilio dicono che "la posizione della Schola Cantorum e dell'Organo devono fare chiaramente risaltare che i Cantori fanno parte dell'Assemblea dei fedeli e sia tale che essi possano svolgere il loro ufficio liturgico nel modo più idoneo [...] non siano nascosti, ma sia facilitata la partecipazione piena alla Messa, cioè la partecipazione sacramentale". Nell'ultimo documento dei Vescovi italiani è detto che: "nella scelta di nuovi organi a canne si preferiscano gli strumenti a trasmissione meccanica". La posizione del nostro organo e del Gruppo Cantori corrisponde a queste indicazioni ed il nostro organo è a trasmissione meccanica.